Salone del libro di Torino, quanto è accessibile?
Partiamo dal fatto che il Salone del libro di Torino è uno degli eventi dedicati alla cultura più importanti in Italia e che negli anni sta acquistando sempre più spessore grazie alla presenza di tantissime case editrici, autori e addetti ai lavori. Si, tutto molto bello ma, quanto è accessibile questo bellissimo evento?
Ce lo racconta una giornalista disabile di un noto giornale italiano che, munita di entusiasmo, block notes, biro e borsa si è diretta alla volta di Lingotto Fiere. Riportiamo il suo racconto per tutti coloro che volessero partecipare all’evento.
Appunto numero 1: il prossimo anno, scegliere la mattina.
Ostacolo numero 2: il parcheggio. O nell’area stampa, o nei posti tradizionalmente riservati ai disabili. I primi sono al Lingotto, dove inizia il percorso per la visita, gli altri si trovano all’Oval. Sceglierli, significa gironzolare per le Case Editrici imbracciando il senso di marcia opposto. Io sono una giornalista. E sono disabile. Che faccio? Testa o croce, il destino mi dice Oval. Faccio un giro piuttosto lungo a bordo della mia sedia a rotelle ed entro nel primo padiglione.
Mostro l’accredito e mi immergo nell’atmosfera di questo appuntamento culturale che ogni anno consente alla città di vivere una realtà spazio-temporale alterata, ma bellissima. Una specie di Natale laico, un frusciante Festival di Sanremo che molti dicono di non seguire, ma di cui, alla fine, tutti sanno tutto. La maggior parte degli italiani non legge libri, eppure al Salone accorrono migliaia di persone ogni anno, per fortuna. Il nesso? Un richiamo popolare che passa attraverso il coinvolgimento di personaggi famosi, la corsa al gadget, specialmente se gratuito, e poi i selfie. Con chiunque, basta che si tratti di «qualcuno» da riconoscere poi in tv o sul giornale.
Ma torniamo al Salone. Dopo le procedure di accredito, io e il mio compagno di avventura fieristica cerchiamo di orientarci consultando la cartina e il programma ottenuti all’ingresso.
Ed ecco il problema numero tre: la cartina è un lenzuolo. Se l’avessi aperta io, seduta, sarebbe stato necessario stenderla per terra. Fortunatamente il mio cavaliere è alto, ha le braccia larghe e dopo pochi istanti ci ritrova sulla mappa, stabilendo il giro da fare.
Arrivo al primo stand: Feltrinelli, poi Sellerio e di seguito i grandi gruppi, da Mondadori ad Adelphi. Dappertutto, l’odore dei volumetti che mi circondano è straordinario, come lo è il rumore delle pagine sfogliate attorno a me. I sensi sono tutti all’opera: olfatto, tatto e udito, rapito dall’esplosione di applausi provenienti dai diversi salottini letterari in cui si avvicendano conferenze e presentazioni.
Il Salone visto dalla mia prospettiva è un binomio perfetto con zaini in spalla, borse a tema portate gelosamente da uomini e donne di tutte le età, bottigliette d’acqua che fanno capolino dalle tasche posteriori di pantaloni di tutte le taglie. È il trionfo dei quadernetti per appunti, con biro e matite cui la platea femminile ricorre anche per raccogliere i capelli.
Osservo capannelli di giovani studenti, coppie, qualche famiglia al gran completo e resto piacevolmente colpita dalla presenza corposa e chiassosa di bambini in età scolare. E ricordo i miei primi Saloni, Anni 90. Oggi come allora noto che l’attenzione per i visitatori disabili è altalenante: la maggior parte degli espositori è fruibile costeggiando le strutture che simulano gli scaffali di una libreria stando al di fuori dei corridoi interni, troppo stretti per una sedia a rotelle e per i visitatori in piedi. Esternamente sembra più facile, anche se non per tutti è così.
In un batter d’occhio arriva la fine della giornata e dello spazio per raccontarla.
Bilancio? Positivo, ovviamente. Ma con una constatazione da fare, come sempre dopo essere tornata a casa: la scelta di un libro non può avvenire tra pestoni e applausi. Ha bisogno di tempo, silenzio e un briciolo di solennità.